Il ministero del salmista

Una figura “ricuperata”

Felice Rainoldi


da Musica e Assemblea n.75/1990

Premessa

Questo tipico ruolo ministeriale, sommerso per secoli, è stato fatto riemergere dalla recente riforma liturgica, che ha dato tanta importanza e chiara strutturazione alla liturgia della Parola, comprendente uno o più momenti salmici, con la possibilità di una esecuzione responsoriale.

È scritto a chiare lettere che il salmista, per l’esercizio conveniente del suo ufficio, che “è compito del salmista proclamare il salmo o un altro canto biblico che si trova tra le letture. Per adempiere convenientemente il suo ufficio, è necessario che il salmista possegga l’arte del salmodiare e abbia una buona pronuncia e una buona dizione.” (OGMR 102). Opportunamente le nuove Premesse al Lezionario aggiungono che ogni comunità ecclesiale dovrebbe disporre “di laici esperti nell’arte del salmeggiare, c non soltanto di buoni lettori” (OLM 56). La giustificazione di tutto ciò sta negli stessi documenti citati, che definiscono la natura del Salmo come parte integrante della Liturgia della Parola (non amminicolo, dunque). È vero dono agli uomini di una Rivelazione divina, che ha assunto e reincarna una forma lirica di messaggio-preghiera. Parola per eccellenza liturgica e nativamente dialogica.

Tutto ciò si ricollega a una antichissima tradizione celebrativa delle Chiese. L’ufficio del salmista è documentato in varie fonti già dal sec. III in poi. Nel Pontificale romano del sec. XII apparirà persino una benedizione di “istituzione” del salmista, a quest’epoca annoverato tra i gradi ecclesiastici, prima dell’ostiariato. Ecco la formula, sempre interessante e attuale: “Ciò che risuona sulla tua bocca, fa’ in modo che corrisponda alla tua profonda convinzione di fede e ad una limpida testimonianza di vita”.

L’esercizio del ministero, oggi

Ecco, in sintesi, quanto si può esporre e raccomandare dal punto di vista delle scelte registico-celebrative.

  • È importante che il Salmo venga introdotto con una accurata monizione, tale da mostrare la coerenza con la lettura annunciata, e mirante a suggerire l’atteggiamento spirituale che deve accompagnare l’ascolto e la risposta col ritornello.
  • Un rapidissimo esempio: Salmo 71. Viene cantato nella II Domenica di Avvento (anno A), e poi ripreso all’Epifania; ovviamente con colorazione diverse. In Avvento si dirà, ad es. “Dio ci dona il Messia per istaurare un Regno di giustizia e di pace, nel quale i poveri e gli infelici possano trovare giustizia ed accoglienza. Invochiamo l’attuazione di questo evento, sempre donato e sempre atteso: (in canto) Vieni, Signore, Re di giustizia e di pace”. All’Epifania, invece: “La gloria di Dio è apparsa nell’umile Re che Dio s’è scelto, e che imprime un nuovo movimento alla storia. Come i Magi venuti da lontano, esultiamo e cantiamo: Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra”.
  • Il ritornello dovrebbe essere sempre cantato: questa è la volontà della riforma, tanto che, per facilitare il canto assembleare, in fase iniziatica, è stata concesso un corpus di ritornelli comuni che si ripetono per tempi, in luogo di quelli propri previsti volta per volta dal Lezionario (OLM 90). Non ci si dovrà fermare a questo stadio, ma nemmeno ignorarlo, come buona base di partenza. I repertori più accorti e aggiornati come “Nella Casa del Padre” e “Lodate Dio”, offrono abbondanti e variati materiali per comunità sia principianti che esperte.
  • Le strofe (o versetti) del salmo richiedono, di norma, la esecuzione cantata. La forma oggi più praticata è quella di “recitativi ariosi”, formati da più corde di recita, con elementi di intonazione, cadenze mediane e conclusive, eventuali note di abbellimento, ma anche possibilità di inserzioni melismatiche. È un modello che sembra rispettoso di una “proclamazione lirica”. Proclamazione: per il primato della Parola da trasmettere (N.B.: il luogo proprio dell’esecuzione è l’ambone); lirica: per il rispetto alle strutture poetiche (stichi, versetti, strofe, parallelismi…) del salmo stesso, e per il calore melodico-timbrico che sottolinea le immagini o gli eventi annunciati.
  • Per questo aspetto rimane sempre attuale la lettura della pregevolissima “Guida al Salmo responsoriale” (Ed. Carrara) del compianto maestro N. Vitone. Un’opera pioneristica italiana, dopo le proposte fondamentali di J. Gelineau.
  • Le forme esecutive del salmo possono essere molteplici. La più auspicabile rimane quella responsoriale (anche se presentata dal lezionario in forma “lata”, tanto da confondersi con una antifonia intercalare). La vera responsorialità (stretta, concatenata con articolazioni testuali e melodiche) dà luogo a forme esecutive di ben altro interesse: qualche esempio si può vedere nel repertorio Lodare Dio (LD) di Lugano: (nn. 202, 203, 204, 303, 325, 363… 523 e altri), ma anche in Nella casa del Padre (CdP) (A7, 25, 28c, 35a, 35b, 35c, 37a, 39b).
  • È dichiarata però possibile anche la forma diretta solistica (vale a dire: senza elementi di risposta inframezzati). Con ciò non viene meno del tutto il carattere simbolico di “dialogo”, che si rende presente attraverso il gesto di ascolto-appropriazione da parte dell’assemblea, tutta “concentrata” nel ministero del Salmista che le dà voce. La partecipazione attiva non va confusa con l’attivismo del far sempre qualcosa in prima persona!

Infine è realizzabile una variante: la salmodia diretta collettiva. Agiscono due cori alternati (senza elementi intercalari) nella recita di strofe o versetti; ma anche il salmista e tutti. Il “canto” ha più o meno spazio, secondo la natura del salmo: il “cantillato” o “salmodiato” può essere in altri casi preferibile. In ogni caso, questa forma è da attuarsi quando le parole del Salmo sono conosciute a memoria dall’assemblea, per una risposta libera da condizionamenti di lettura.

– Il salmista, a norma dei libri liturgici, può fungere anche da cantore nella intonazione dell’Alleluia e canto del relativo versetto. La possibilità non è da intendersi come un “dovere”.

Segnalandola, ribadisco che la molteplicità di servizi per gesti differenziati è sempre da preferire, in base ai principi esposti all’inizio.

– Il ruolo del salmista è determinante quando occorrono le grandi liturgie della Parola, ricche di proclamazioni, come nella Veglia pasquale o pentecostale… In queste circostanze è bene disporre di più salmisti che si alternano, e rinnovano atti di bellezza, con l’originalità di prestazioni differenziate. Anche nella celebrazione della liturgia delle Ore l’apporto di uno o più salmisti si rivela prezioso, per la fragranza e il sapore dei Salmi: rende gioiosa e gustosa la preghiera. Se credi che ciò sia una romanticheria, leggi IGLH (le premesse alla liturgia delle Ore, nn. 103-106). Ma su questo tema occorrerebbe un capitolo specifico.

Autore

  • Mons. Felice Rainoldi (11 giugno 1935 - 31 dicembre 2105) Presbitero della diocesi di Como ha vissuto pienamente la sua vita nel ministero presbiterale. Pastore (parroco), musicologo, liturgista, musicista (compositore e direttore di coro), docente, ricercatore e attivo propulsore della riforma conciliare in campo liturgico-musicale. Dai suoi maestri, don Luigi Agustoni, Luigi Picchi, i docenti del Pontificio Istituto di Musica sacra di Milano, ha assimilato non solo le necessarie competenze, ma soprattutto un'esigente serietà nella ricerca, e nell'elaborazione dei suoi risultati. Sono numerosi i suoi volumi di analisi e commento dei principali aspetti del canto e della musica nella celebrazione, rinnovata dal Vaticano II. La sua opera più impegnativa, un vero gioiello della storiografia musicale italiana, rimane la sua storia della musica sacra: \emph{Traditio canendi. Appunti per una storia dei riti cristiani cantati }(CLV, Roma, 2000). Oltre a un prolungato insegnamento nel Seminario diocesano di Como e alla sua attività di maestro del Coro della Cattedrale di Como è stato un perno dei corsi estivi per animatori musicali, istituiti dall'area italiana di \emph{\textup{Universa Laus}}, gruppo di studio del quale peraltro fu uno dei membri "storici", come pure del Corso di perfezionamento liturgico-musicale (COPERLIM) della CEI. Le attività dell'Ufficio Liturgico Nazionale lo hanno di frequente impegnato.

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Mons. Felice Rainoldi
(11 giugno 1935 - 31 dicembre 2105)

Presbitero della diocesi di Como ha vissuto pienamente la sua vita nel ministero presbiterale. Pastore (parroco), musicologo, liturgista, musicista (compositore e direttore di coro), docente, ricercatore e attivo propulsore della riforma conciliare in campo liturgico-musicale. Dai suoi maestri, don Luigi Agustoni, Luigi Picchi, i docenti del Pontificio Istituto di Musica sacra di Milano, ha assimilato non solo le necessarie competenze, ma soprattutto un'esigente serietà nella ricerca, e nell'elaborazione dei suoi risultati. Sono numerosi i suoi volumi di analisi e commento dei principali aspetti del canto e della musica nella celebrazione, rinnovata dal Vaticano II. La sua opera più impegnativa, un vero gioiello della storiografia musicale italiana, rimane la sua storia della musica sacra: \emph{Traditio canendi. Appunti per una storia dei riti cristiani cantati }(CLV, Roma, 2000). Oltre a un prolungato insegnamento nel Seminario diocesano di Como e alla sua attività di maestro del Coro della Cattedrale di Como è stato un perno dei corsi estivi per animatori musicali, istituiti dall'area italiana di \emph{\textup{Universa Laus}}, gruppo di studio del quale peraltro fu uno dei membri "storici", come pure del Corso di perfezionamento liturgico-musicale (COPERLIM) della CEI. Le attività dell'Ufficio Liturgico Nazionale lo hanno di frequente impegnato.